«Non mi guardare così, Miranda» sogghignò Leonora. Erano rimaste sole e quando succedeva era ben contenta di passare a un tono più confidenziale. Davanti a tutti, doveva essere il Generale: all’inizio non era stato facile fare in modo che fosse rispettata quanto meritava. Ma lei l’aveva conosciuta come Miranda, il dono che suo nonno aveva voluto farle quando aveva sedici anni e l’aveva portata via per un po’ dalla corte del duca di Crisantia. Ci era voluto molto tempo, e sangue versato, perché la confidenza diventasse reciproca.
«Dovresti conservare le forze, Leonora» disse, e l’altra vampira sorrise.
«Lo sai che con uno scontro alle porte divento ancora più rabbiosa se me ne sto senza far niente»
«Beh, almeno potresti nutrirti»
«Lo farò. Domani, magari»
«Domani?» il Generale fece per aggiungere altro, ma si fermò, vedendo il volto di Leonora adombrarsi. La contessa fece un cenno con la mano, come a dire che quel discorso era finito e poi inspirò profondamente. Sapeva di non essere l’unica, lì, a cercare di evitare un discorso sgradevole. Il Generale non era una sua creatura, ma avevano passato così tanto tempo insieme che non era difficile intuirne i pensieri.
«Domani dovrebbe tornare Mario dal quarto a ovest; dovrò nutrirmi per forza, contenta? Perché c’è un discorso che stiamo evitando, tutti quanti, e per farlo mi serve lui, e mi serve Nodier»
«Mmh… io continuerei ad evitarlo, quel discorso» brontolò, distogliendo lo sguardo. «A proposito di Mario: ma che cos’ha? Ultimamente è sempre cupo e lui non era così»
Leonora alzò le spalle: «Non mi piace farmi gli affari delle mie creature» iniziò. Si avvicinò a una rastrelliera, sfilò una delle lance e cominciò a esaminarne il filo «ma credo che Mario pensi molto alla sua famiglia, ultimamente»
«Ah» il tono del Generale non era sorpreso come Leonora si era aspettata e le fece alzare lo sguardo dall’arma al suo volto «Ai trasformati succede. Di pensare alla vita di prima e non riuscire facilmente a togliersene il pensiero, intendo. Poi passa da solo» spiegò.
«Anche a Souprien comincia a mancare la sua terra di nascita» insistette Leonora, come saggiando l’effetto che le sue parole avevano sull’altra vampira.
«Non prendertela: se fosse dipeso da lui non sarebbe mai partito mercenario, non mi sorprende. Mario invece… ma alla fine tornare a casa e scoprire di non aver più né casa né moglie e figlio dev’essere stato un colpo. Per forza che ogni tanto ci rimugina su»
«Capita anche a te?»
Miranda distolse di nuovo lo sguardo e si strinse nelle spalle. Poi, visto che Leonora continuava a fissarla fece una smorfia e assunse un’espressione impertinente: «Esattamente, cosa pensi che mi manchi? Il signorotto che allungava le mani sulle braccianti?» Leonora rise «Vestirmi da maschio no, quello lo faccio ancora» insistette il Generale.
«Allora vi mancheranno le gonne» sogghignò Leonora.
«Sì, e le serve di vostra madre quando spettegolavano» rispose Miranda.
Il brano sopra è tratto dalla prima bozza del terzo romanzo, a cui sto lavorando da circa nove mesi (sì, più di un parto…), e mi dà l’occasione di parlare un po’ del rapporto tra due dei personaggi principali dei romanzi in genere: la contessa Leonora e il Generale Miranda.
Questo terzo romanzo si sta orientando a mostrare un po’ di retroscena rispetto agli altri due già pubblicati e il rapporto tra le due vampire è uno di questi. In Restano solo i corvi il Generale ha raccontato al famiglio di Leonora, Alexandra, di essere stata una schiava, un tempo, e di aver imparato a leggere, a scrivere e a usare le armi da Leonora.
Non credo di aver mai raccontato però come Miranda sia finita schiava, o che cosa ci sia dietro lo scambio di battute sul vestirsi da maschio… che dite, è una storia che vi piacerebbe sentire?
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