Le tre genti: i lupi mannari

Delle tre genti, finora i lupi mannari sono quelli che sono comparsi meno nei romanzi e nei racconti: in L’ultimo inverno del leone e soprattutto in Sguardo d’ambra sono un po’ più presenti, ma per ora restano un po’ defilati. Scopriamo meglio chi sono i lupi mannari nelle Cronache.

L’importanza sociale dei lupi mannari è sempre stata maggiore nelle popolazioni cosiddette barbariche rispetto all’impero antico, dove non hanno mai costituito un gruppo sociale coeso. Con l’arrivo massiccio nell’impero di popolazioni del nord o di gruppi di incursori del tutto o in parte composti da lupi mannari, anche la loro importanza nell’impero cresce e finiscono per diventare una delle tre genti.

Sono comunque i meno numerosi: un lupo mannaro è tale dalla nascita e un umano non può essere trasformato in lupo mannaro in un momento qualsiasi della sua vita, al contrario di quanto accade per i vampiri. Anche per questo motivo, tendono a circondarsi di loro simili, o piuttosto a isolarsi (nei boschi, in fattorie dagli appezzamenti molto estesi) quando non è possibile.

Quando sono state stabilite le divisioni del regno e alcune di esse sono state assegnate a famiglie di lupi mannari, molti gruppi (famiglie, branchi o villaggi), vi si sono trasferiti da altre terre. In altri casi, tuttavia, le comunità sono rimaste al loro posto, spesso raggruppate in villaggi molto uniti al loro interno e integrati solo in parte nella baronia, contea o ducato cui appartengono. La scelta se spostarsi o restare dipende dall’atteggiamento degli altri villaggi o del governante di turno nei loro confronti.

La successione avviene per via matrilineare: nella loro cultura è la madre che dà continuità alla famiglia e lo sposo viene “adottato” dalla famiglia della moglie. È capofamiglia la donna più anziana, e un villaggio di lupi mannari ha una matriarca, come viene chiamata la capovillaggio. Non si attende quasi mai la morte della regnante in carica per la successione: la figlia primogenita succede alla madre abbastanza presto, in modo che quest’ultima possa affiancarla per lungo tempo negli affari del ducato, contea o baronia. In quest’ultimo caso, il passaggio del comando avviene di solito prima che l’erede abbia figli, mentre nei villaggi la nuova matriarca assume il ruolo una volta che ha cresciuto i propri figli.

Nonostante questo ruolo significativo delle donne nella loro cultura, non è usuale che le donne combattano, come invece succede tra i vampiri, i quali consentono anche alle donne umane di fare altrettanto, se lo desiderano. I lupi mannari distinguono infatti tra le battaglie combattute per la sopravvivenza, a cui le donne partecipano al pari degli uomini, e quelle che definiscono “da umani”: per i confini, per questioni commerciali, per rappresentanza… queste ultime non le sentono proprie fino in fondo e anche se nel mondo delle Cronache possono essere una necessità, non sono un’attività a cui i lupi mannari ritengono che le loro donne debbano abbassarsi. A differenza degli umani comunque non hanno generalmente un’opinione negativa delle donne di altre genti che usino abitualmente le armi. Se la figlia di una nobile mannara desidera imparare l’uso delle armi e scendere in battaglia regolarmente ha due scelte: lasciare la famiglia oppure chiedere alla madre una dispensa speciale, che viene di solito concessa solo alle figlie più piccole, quelle che meno probabilmente si troveranno ad assumere il ruolo dominante.

Il carattere della trasformazione si manifesta con la pubertà, quando la prima trasformazione avviene spontaneamente e comporta il passaggio completo alla forma di lupo. Per i lupi mannari è motivo di festa e il bambino o la bambina conservano in una bulla, un amuleto appeso al collo, un ciuffo di pelo della prima trasformazione, che tradizionalmente è raccolto dalla capofamiglia o dalla matriarca. Le successive trasformazioni sono volontarie, sebbene può capitare, in situazione di pericolo, che il lupo mannaro preso dal panico si trasformi contro la propria volontà. La luna piena aumenta il desiderio della trasformazione, acutizza i sensi e rende i lupi mannari un po’ più lupi e un po’ meno uomini, ma non li obbliga a mutare forma. Con il tempo, apprendono ad arrestare la trasformazione a metà a proprio piacimento e possono quindi decidere se assumere una forma completamente lupina o una forma ibrida, di uomo-lupo. Questa abilità è esercitata soprattutto da chi svolge la professione di soldato, per i vantaggi che la stazione eretta e una zampa con il pollice opponibile comporta.

I lupi mannari sono molto protettivi nei confronti dei bambini e qualche volta questo tratto si rivolge anche verso i bambini umani o verso chiunque considerino un amico o un loro protetto. È un’offesa molto grave, accusare un lupo mannaro di non prendersi cura dei propri figli.

Le ferite non mortali guariscono quasi all’istante, ad eccezione di quelle inferte con armi d’argento o bagnate di succo di aconito che è l’unico veleno a cui sono vulnerabili (un trattato antico menziona come i lupi mannari siano sensibili anche al veleno delle api, ma questo non è mortale per loro come non lo è per gli umani). Ferite molto gravi invece richiedono tempo e gli arti staccati non ricrescono. Un lupo mannaro può quindi essere decapitato da armi normali, perciò non è necessario usare l’argento per ucciderli, anche se occorre abilità e velocità per far fronte ai loro attacchi. Vale anche per il fuoco: se un lupo mannaro scampa al fuoco, ha più probabilità di guarire rispetto ad un umano, ma può morire bruciato vivo e ustioni molto estese o gravi, se non uccidono, possono lasciare danni permanenti.

I loro sensi sono più acuti di quelli degli umani, ad eccezione della vista; si ammalano di rado, i parti gemellari sono frequenti e spesso i lupi mannari nascono tra la fine dell’autunno e l’inizio della primavera, tanto che fra i vampiri si è diffuso il modo di dire “nato d’inverno come un lupo mannaro” per dire che qualcuno è particolarmente ostinato. Non si può dire che tra vampiri e lupi mannari ci sia ostilità aperta, almeno da quando le divisioni del regno italico si sono stabilizzate. Il modo di dire appena citato dimostra che rimane comunque una certa diffidenza di fondo, retaggio del periodo successivo alla divisione degli imperi, quando le tre genti lottavano per un equilibrio che non consentisse a nessuna delle tre di prevalere.

Pubblicato

da

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *