Armi e armature

Finora, i romanzi e i racconti delle Cronache delle Tre Genti hanno spesso visto scontri e battaglie: anche se all’epoca di Restano solo i corvi il regno italico non vede guerre al suo interno da circa duecento anni, la prudenza non è mai troppa e al motto di si vis pacem, para bellum (se vuoi la pace preparati alla guerra) la produzione di armi e armature è comunque un’industria importante in tutte le Cronache.

Per scrivere di armi e armature ho dovuto tener conto di due fattori: quello che può essere sulla base delle conoscenze di metallurgia e lavorazione del legno e del cuoio e quello che avrebbe potuto essere in un mondo come quello narrato. Mi spiego meglio.

Se pensiamo ad un guerriero medievale del nostro mondo, pensiamo alla cotta di maglia, o all’armatura completa (che poi di fatto non è proprio medievale, ma pazienza). Nel nostro mondo, i soldati bizantini conoscevano e usavano la cotta di maglia nel VI secolo, in occidente invece dobbiamo aspettare il XII secolo. Non entro neanche nel dibattito sull’importanza delle staffe per lo sviluppo della cavalleria; se vi interessa, vi suggerisco qualche lettura. Ne faccio tante, di solito, per prepararmi a scrivere questo o quell’episodio delle Cronache, quindi qualche titolo magari ve lo trovo. Deformazione professionale, scusate.

Quando, nel mondo delle Cronache delle Tre Genti, Giustiniano manda Narses a cercare di riconquistare l’occidente per lui, è possibile che l’impero occidentale abbia cominciato a fare cotte di maglia anche per i propri guerrieri? Certo ne ha avuto l’opportunità e senz’altro la presenza di guerrieri “ad alto impatto” per così dire, come vampiri e lupi mannari, ha spinto i guerrieri umani a corazzarsi di più, considerato che alla guerra contro Giustiniano ne sono seguite parecchie altre che hanno mandato in pezzi l’impero (v. la cronologia, ma anche L’ultimo inverno del leone).

E per quanto riguarda vampiri e lupi mannari? La loro presenza potrebbe invece aver spinto a scartare un tipo di armatura così pesante come la cotta di maglia o l’armatura intera. Leonora, la contessa di Mondecorvi, compare all’inizio del primo romanzo in battaglia con gambali e bracciali di cuoio e soltanto il plaustrum a copertura del cuore. Un vampiro, per essere ucciso, dev’essere decapitato, dissanguato o gli si deve spaccare il cuore. Un lupo mannaro sopporta parecchie ferite, se non sono inflitte con l’argento, che, con buona pace del folklore, non è un metallo particolarmente adatto alle armi.

Per questo tipo di guerrieri, le imbottiture che si devono indossare sotto l’armatura o protezioni di cuoio indurito, magari a più strati, sono più che sufficienti: inutile sacrificare l’agilità per una protezione che ha meno ragione di essere. Questo presenta anche un vantaggio economico: con una quantità minore di ferro, si proteggono più guerrieri. Il plaustrum, la corazza dei vampiri, non è poi così grande:

Il ventre era piatto, quasi incavato, e aveva più seno di quello che Alexandra si aspettava: ora che si stava vestendo, vide che il modo in cui allacciava la fascia tendeva a schiacciarlo. Aveva visto usare la fascia in quel modo solo una volta, da una donna travestita da ragazzo, e le era sembrato molto sconveniente, ma visto che la signora portava anche abiti da donna, si disse che probabilmente era un’abitudine da soldatessa, per tenere il seno immobile anziché alzarlo perché si intravedesse dalla scollatura degli abiti, come facevano le dame e come era stato insegnato a lei. In effetti, sopra la fascia Leonora indossò quella che sembrava una piccola corazza composta da due piastre metalliche che sistemò una sopra il seno sinistro, e una sulla schiena nello stesso punto, tenendole ferme con due cinghie che si allacciavano una sulla spalla destra e una sotto il seno destro. «Questo è un plaustrum» spiegò «nel caso in cui non ne abbiate mai visto uno, una corazza da vampiro. Per nostra fortuna non abbiamo molti punti deboli e possiamo viaggiare leggeri»

Restano solo i corvi, p. 123

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