Spade a due mani

Lenta lenta procede la prima stesura del terzo romanzo, prequel degli altri due, e con questa stesura mi sto addentrando sempre di più nel lato bellico del mondo delle Cronache delle Tre Genti. Inevitabile quindi tornare a parlare di armi.

La spada che vedete a lato è uno spadone a due mani; l’immagine viene dal web e mi è stata di ispirazione per il primo romanzo, Restano solo i corvi, per l’arma del duca Artemius.

Se questo fosse un romanzo storico, ci sarebbe un problema: il romanzo è ambientato nel 1954 ab Urbe Condita, ovvero circa nel nostro 1197 a.C. Un po’ prestino per una spada a due mani.

Conservata al museo Zwinger a Dresda, la spada qui sopra risale al XVI-XVII secolo

Cito da una delle letture preparatorie per il prossimo romanzo:

Dal 1100 al 1350 l’armeggio appiedato del cavaliere avveniva generalmente con spada e scudo, sempre con quelle stese armi che adoperava anche a cavallo. Le azioni tecniche erano ancora molto semplici, colpendo con la spada principalmente di taglio e proteggendosi con lo scudo; a queste si univano pure azioni d’urto con lo scudo e di lotta […]. Di tale periodo però si conosce dalle raffigurazioni contemporanee, con precisione solo le posizioni di guardia, desumendone inoltre alcuni dei modi di colpire […]. Dopo la metà del Trecento invece lo scudo andrà in disuso specialmente nel duello, questo perché l’armamento difensivo sulla persona lo proteggeva ormai adeguatamente; s’inizierà però anche ad adoprare armi offensive più adatte proprio contro un simile armamento, come l’azza, la spada a due mani, eccetera.

Antonio G.G. Merendoni, L’arma e il cavaliere: l’arte della scherma medievale in Italia nei secoli XII-XIV, Rimini, Il Cerchio, 1999, p. 9

Ovviamente “spada a due mani” è una tipologia di arma: le varianti, tra cui la tedesca Zweihander che è forse la più famosa, o la Claymore scozzese, sono molte. Esisteva anche la spada cosiddetta “a una mano e mezza” o bastarda. Come tipologia, il suo arco di storia va dalla Guerra dei Cent’anni fino al XVII secolo e, come la maggior parte delle armi bianche, cade in disuso con il diffondersi delle armi da fuoco.

Compagna della spada a due mani è l’armatura a placche: quella che nel nostro immaginario è l’armatura del cavaliere per eccellenza. Tenere una spada con due mani significa infatti, come spiegato nella citazione più sopra, che non si può contemporaneamente maneggiare anche uno scudo e quindi l’armatura deve essere più che resistente da sola. Alcune tecniche inoltre prevedono che il colpo sia guidato o indirizzato con una mano non sull’impugnatura, ma sulla lama. Buona cosa quindi avere su quella mano un robusto guanto di ferro, per non affettarsi accidentalmente.

Anche prima del periodo medievale, esistevano spade lunghe, anche se non così lunghe. Le spade lunghe delle popolazioni galliche avevano lame di 80, eccezionalmente 90 cm, le spade a due mani avevano lame di circa un metro (Zweihander e Montante spagnolo qualcosa di più) e la lunghezza totale si aggirava attorno al metro e mezzo. Il peso si aggira intorno ai due chili, a seconda di lunghezza e tipologia, che non è poco.

Un’arma che non consente l’uso dello scudo, pesante da maneggiare: significa che nel mondo delle Cronache è l’arma d’elezione dei vampiri, che fanno a meno non solo dello scudo, ma spesso e volentieri anche dell’armatura, e che hanno forza più che sufficiente a maneggiarne una? Sì e no.

Sicuramente nel mondo delle Cronache la spada a due mani si è sviluppata anticipatamente: l’arrivo massiccio degli archi lunghi in seguito alla cacciata dei serpenti ha portato ad un passaggio rapido dai piastroni antichi alle armature a placche, non le preferite dai vampiri perché gravano molto su un combattente che ha meno necessità di sacrificare la velocità alla sicurezza. La cotta di maglia, che è arrivata nel regno dall’impero orientale molto presto, non è altrettanto efficace contro i dardi di archi lunghi e balestre; per questo viene sostituita almeno in parte e in certi contesti da armature a placche, che a loro volta spingono allo sviluppo di certi tipi di armi.

Nonostante questo, la spada a due mani resta un’arma difficile da maneggiare se non altro per la sua lunghezza. Un combattente non eccessivamente alto deve considerare con attenzione se il gioco vale la candela e se la sua forza è tale da consentirgli di usare un’arma del genere: se per un vampiro la forza non è un problema, la lunghezza è un fattore determinante. Secondo i precetti di Filippo Vadi (De arte gladiatoria dimicandi) la spada, con la punta a terra, deve arrivare all’ascella. Provate: io sono poco sotto il metro e sessanta (un metro e cinquantotto per la precisione), significa che non potrei usare una spada oltre il metro e dieci. Oltre questa misura, la spada diventa più ingombrante che utile.

Combattenti di tutte le razze, purché adeguatamente forti e alti, possono addestrarsi quindi all’uso della spada a due mani. Chi invece, Leonora in testa a tutti, privilegia la velocità (e nel suo caso le manovre che le consentono di colpire dall’interno della guardia dell’avversario, che si trova così con la sua arma oltre il bersaglio) permettendosi di rischiare un pochino di più, ha altre scelte a sua disposizione: spada e scudo, spada e pugnale, coltelli lunghi…

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